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Messaggi in codice e sedili posteriori

Tempo di lettura: 3 min.

#Marginalia trenta

Trenta. Come gli anni che separano – grosso modo – i genitori dai figli, stagione più stagione meno.
Fior di psicologi ed illustri studiosi – prima e meglio di me – hanno saputo fornire una dettagliata spiegazione di quel fenomeno, meraviglioso e ciclico, detto conflitto generazionale.
Meglio della scienza e della pedagogia, però, due aspetti imprescindibili hanno dato voce alla più grande ribellione di tutti i tempi, antica quanto il mondo, ancora in atto e – speriamo – mai conclusa: lo slang e la musica.

Finalmente puoi chiudere i libri ragazzo, il giorno di scuola è finito… è giunto il momento che aspetti ad ogni risveglio: corri in strada e metti una moneta nel jukebox!

I teenagers parlano un’altra lingua

Ogni traduzione è un tradimento.
La comprensione impone il passaggio obbligato da un idioma all’altro, lasciando indietro – necessariamente – tutto il sostrato socioculturale che ha generato un’espressione o un particolare modo di dire.
Questo assunto appare ancora più veritiero se rapportato allo slang giovanile posto a confronto con il linguaggio della generazione precedente: padri e figli, da sempre e per sempre, non parlano la stessa lingua!

Esatto: c’è stato un “quando”, un preciso momento della storia, in cui insieme al rock ‘n’ roll, le parole hanno segnato un confine nettissimo tra il vecchio e il nuovo. Esse, però, non sono destinate a durare in eterno come le note di Chuck Berry… e forse il loro fascino è anche questo. Ad un certo punto invecchiano, come chi – da ragazzo – le ha inventate ed usate. Diventano, tuttavia, quasi delle fotografie dei decenni andati, che veicolano il sentire giovanile ed il senso d’appartenenza… questi sì, eterni!

DON’T BEAT FEET! No, non significava “Non battere un piede sul pavimento”, tutt’altro: era il modo per chiedere a qualcuno di non scappare da una situazione imbarazzante!

Dire “CHE STILE!” con stile

Oggi, se qualcuno osasse accusarvi d’avere “BEE’S KNEES” (letteralmente: ginocchia d’ape), sareste in diritto di tirargli un destro! Si tratta di un modo sarcastico per insultare un outfit, un accessorio, qualsiasi scelta stilistica insomma. Questa eufonica frasetta in rima, invece, nei 50s circolava molto tra i teenagers, con un’accezione del tutto opposta: “Che stile!”

L’attenzione al vestiario – altro snodo emblematico del distacco generazionale – emergeva chiaramente anche da molte altre espressioni comuni a quel tempo. Perfino le officine meccaniche ne avevano prestata una ai giovani: CHROME PLATED” (cromato), super in voga per elogiare un tipo attentissimo ai dettagli.

Palese sintomo, se ci fosse bisogno di precisarlo, che i teens sentissero l’irrefrenabile necessità di costituire un universo parallelo e indipendente: con l’immancabile colonna sonora r’n’r, con un preciso target di abbigliamento e, ovvio, con una lingua a parte!
(Qualcosa di simile l’avevano già fatta gli Hep cat poco prima, ricordate?)

La canzone da backseat perfetta esiste…

Camporelle, why not!?

Le camporelle, l’andar per frasche, l’imboscarsi… chiamatelo come volete, ma ci vuole un fisico giovane per sostenere l’amoreggiare fortuito e fugace sui sedili posteriori.

E le cose le nomina chi le fa. Sarà per questo che è nata l’espressione, di una bellezza pazzesca, “BACKSEAT BINGO”… ve la spiego? I giovanissimi, molti appena 16enni e neopatentati, la usavano per denominare quella esperienza formativa e coinvolgente che si può fare in auto “sedendosi” in due sui sedili posteriori. Ma sì, prima c’era il “PASSION PIT” (baratro della passione), assaporato in macchina, magari vicino al drive-in, poi gustato a pieno proprio in quel parcheggio un po’ fuori mano… ma non troppo, non sta bene riaccompagnare a casa tardi le signorine!

Un linguaggio segreto e misterioso per i padri. Un messaggio in codice chiarissimo per i figli. Lo slang dei teenagers degli anni ’50 è irriverente e romantico, come ogni generazione ribelle dovrebbe essere. E la ribellione è un diritto, forse anche un dovere.
Non siamo in quel decennio d’oro e molti sedili posteriori piangono l’abbandono in nome di una comodità che, alle volte, ha sacrificato il piacere della scoperta e della spontaneità. Ma fatemi e fatevi un piacere: rimanete sempre giovani e ribelli. Per il mal di schiena e il mal di cuore, c’è tempo… domani.

Baci velenosi sui sedili posteriori,
Vanì Venom

Vanì Venom

Vanì Venom è l’alter-ego, a metà tra il letterario e il rocker, di Vanina Pizii, una giovane professoressa di Lettere appassionata di musica anni ’40 ’50 e ’60 e di tutto ciò che concerne il lifestyle legato al mondo vintage: dischi, foto, abiti, libri, arredi, auto e chi più ne ha più ne metta!