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Il coraggio di Jackie

Tempo di lettura: 4 min.

#Marginalia ventisette

Alcune storie, più di altre, hanno il diritto di essere raccontate. Il dovere di ascoltarle, invece, equivale alla loro importanza: imprescindibile.
Questa è una storia di cuore e coraggio.

Cuore e coraggio, etimologicamente, vengono dalla stessa radice. Ciò significa che sono concetti così intimamente legati da non poter prescindere l’uno dall’altro. Mai.
Grazie Jackie Shane per avercelo ricordato!

“I can come into your home. I can clean your house. I can raise your children. Cook your food. Take care of you. But I can’t sit beside you in a public place? Something is wrong here.

Pionier*

A 5 anni si vestiva già da bambina, perché quel corpo da maschio – immeritato – le stava stretto. Stretto un bel po’. Quasi come la mentalità bigotta di Nashville, la cittadina del Tennessee che nella primavera del 1940 le aveva dato i natali.

Jackie Shane era nata uomo, una verità con la quale talvolta è difficile convivere. Ma si sentiva donna, Donna, anzi. E Donna era sua madre, che ha accolto con amore – e coraggio – fin dal primo istante quel cuore tormentato di un* figli* con le idee chiare e il destino avverso… almeno all’apparenza.

A soli 13 anni la bella Jackie dichiara ufficialmente di sentirsi ciò che oggi ha un nome, ma che un tempo suonava solo come un’offesa di bassa lega: transgender. Ma, prima di tutto, era già chiaro a qualcuno che l’unica caratteristica calzante per lei fosse una ed una soltanto: magnifica!

La sua cover di “Any Other Way” di William Bell raggiunge la seconda posizione nella classifica dei singoli CHUM nel 1963

Superstar of Canada

Dalle panche delle chiese di provincia ai cori gospel, nessuna dimensione conosciuta era abbastanza pronta ad accogliere l’inconsueta personalità di Jackie. Così venne il momento di migrare verso altri lidi: prima Boston, poi Montreal, infine Toronto.

Non si può scegliere dove si nasce, ma si può scegliere la propria casa. Ho scelto Toronto. Amo Toronto. Amo i canadesi. Mi considero parte di loro. 

Le esibizioni nei migliori nightclub della città, in abiti femminili, sfoggiando paillettes e una voce altrettanto scintillante, diventano la sua routine. Una quotidianità fatta di successi, show pazzeschi e conoscenze incredibili. Proprio a Toronto, infatti, comincia il sodalizio con il trombettista Frank Motley e la sua crew, al fianco dei quali sosterrà una sfavillante carriera come cantante, collaborando con artisti del calibro di Jackie Wilson ed Etta James e mantenendo intatto – con estremo orgoglio – il suo stile unico.

“When you walk out there, people should say, ‘Whoa! I like that!’ When I walk out onstage, I’m the show.”

Potente come il calore del pubblico

Nonostante Jackie Shane sia stata una regina indiscussa del R&B dei 60’s, non ha mai registrato un album in studio, a causa della sua sfiducia nelle etichette musicali. La Motown e l’Atlantic Records l’hanno entrambe corteggiata a lungo, proponendole varie volte di firmare. La risposta – ferma e decisa com’era lei in ogni ambito – è sempre stata: “Prendo la mia carica esibendomi di fronte alle persone. Questa è la mia energia”.

Nel 1967, infatti, pubblica un album dal vivo, Jackie Shane Live, che è stato ristampato nel 2015 ed è entrato nella rosa dei candidati per l’Heritage Award 1960-1970 del Polaris Music Prize.

Un’esibizione televisiva con la Motley crew del 1965

Meteora indimenticabile

Un lampo di luce, una folata d’aria nuova, una ventata di cambiamento durata poco meno di un decennio: nel 1971 Jackie si ritira dalle scene.
L’adorata madre è malata e la figlia corre da lei a Los Angeles, ma faranno presto ritorno entrambe a Nashville. Un connubio d’amore familiare durato fino al ’77, quando l’artista – ormai avvezza ad una vita dimessa e quasi anonima – vivrà sola fino alla fine dei suoi giorni, nel 2019.

Una meteora, l’hanno definita in tanti: un bagliore accecante ma destinato a spegnersi in fretta. Per fortuna, però, non tutti hanno dimenticato l’ammirevole coraggio di un’eroina del blues e dei diritti civili, pronta ad essere nient’altro che la più intensa e spregiudicata versione di se stessa, in faccia ad un mondo sempre pronto a giudicare chi – troppo in alto troppo avanti – di quel giudizio non sa che farsene e se ne frega alla grande!

Che mondo povero sarebbe stato senza Jackie Shane!

Indimenticata e indimenticabile.

Oggi quel viso fiero appare in un gigantesco murales sul lato di un edificio di Toronto,  insieme a quelli di Ronnie Hawkins, Glenn Gould e Dianne Brooks, in un’immagine che commemora la scena musicale di Yonge Street degli anni ’60.
Qualche giornalista, sempre meno di rado per fortuna, narra della sua incredibile esistenza, ricordando a tutti quant’è importante non aver mai paura di qualsivoglia critica.

Per tutte le volte in cui ti hanno chiesto se fossi una femmina o un maschio.
Per tutte quelle nelle quali ti hanno detto che il palco non era il tuo posto.
Per le altre in cui ti hanno fatta sentire sbagliata, incompresa, troppo questo o troppo poco quell’altro.

Che la mia stima arrivi fino a te, senza la presunzione di giungere dove il tuo cuore e il tuo coraggio hanno osato conquistare.
My darling Jackie Shane, shine bright wherever you are!

Baci velenosi e glitterati,
Vanì Venom

Vanì Venom

Vanì Venom è l’alter-ego, a metà tra il letterario e il rocker, di Vanina Pizii, una giovane professoressa di Lettere appassionata di musica anni ’40 ’50 e ’60 e di tutto ciò che concerne il lifestyle legato al mondo vintage: dischi, foto, abiti, libri, arredi, auto e chi più ne ha più ne metta!