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Voodoo queens & mojo kings

Tempo di lettura: 4 min.

#Marginalia sedici

Un proverbio popolare recita: “Hai paura, ma non ci credi”.
È la descrizione perfetta del concetto di superstizione, no?
Il solido raziocinio e l’intrinseca tendenza alla suggestione coabitano, infatti, nell’animo di ciascuno di noi.
Possiamo dichiararci intoccabili quanto vogliamo dalle credenze folkloristiche e dalle dicerie centenarie, ma la verità è una soltanto: la saggezza popolare, immutabile da secoli, parte sempre da un fondo di verità.

La vintage story che #marginalia si propone di narrare oggi, intrisa dell’atmosfera soprannaturale di fine ottobre, affonda le sue radici in culti antichissimi ed ineffabili superstizioni.

Willie Dixon, grande contrabbassista blues e collaboratore di spicco della Chess Records, è anche e soprattutto l’autore di numerosissimi testi di canzoni. Dalle note di Muddy Warters agli assoli di armonica di Little Walter, fino ai suoni profondi di Howlin’ Wolf, passando addirittura attraverso il metal classico dei Led Zeppelin. In questo testo, scritto appunto per Il lupo ululante, è contenuta già nel titolo un’importante dichiarazione… ma sarà vero che i bluesmen non erano superstiziosi? Non credo proprio.

Nel cuore degli schiavi afroamericani il nome di John the Conqueror è inciso a fuoco come un’orgogliosa cicatrice. La legenda narra che fosse un fiero principe africano deportato nelle piantagioni di cotone, tuttavia mai realmente asservitosi al padrone bianco, nei confronti del quale sapeva esercitare le sue pericolose e sagge arti da sciamano voodoo. Ma da chi le aveva apprese? Tanto quanto John il Conquistatore, c’è un altro nome che troneggia nel petto di quei martoriati lavoratori infaticabili: Papa Legba.

Nel Benin, in Nigeria e in Togo, quest’entità occulta viene raffigurata come un uomo molto virile, con un grosso paio di corna, il cui compito è quello di vigilare sui crocevia e sugli ingressi. Ad Haiti, invece, è simile a Sant’Antonio o San Lazzaro e, come loro, gode della sacra protezione di un cane.
Papa Legba, qualsiasi sia il suo multiforme aspetto, è un mediatore tra il mondo dei vivi e mondo dei morti; è un “loa”, ossia un’entità di passaggio tra i mortali e la divinità suprema.

Charles Sheffield, nel 1961, lancia questa bomba sul mercato. Merito anche del fighissimo side b (Rock ‘N Roll Train), il disco avrà un discreto successo. Ma, soprattutto, ascoltate bene le parole: sono la testimonianza che il voodoo funziona!

Il potere dei sacerdoti e delle sacerdotesse voodoo dipende proprio dall’intervento di Papa Legba… dopo il quale – pagato spesso a caro prezzo – è impossibile tornare indietro.
E non c’è santo e non c’è dio che possa salvare dagli anatemi della tradizione d’oltreoceano ma, il potere sovrannaturale che serpeggia sotto la coltre del visibile, agisce anche in positivo, talvolta.

Nella tradizione voodoo, infatti, ci sono amuleti in grado di attirare – verso chi li possiede – fama, denaro e amore: i mojo. L’origine del loro nome è controversa, alcuni sostengono si tratti di una storpiatura del termine inglese “magic”, altri ritengono possa essere relazionato allo slang di diversi dialetti africani. Quale che sia l’etimologia, la sostanza non cambia: si tratta di una sorta di incantesimo tascabile, un sacchetto di flanella o (di qualsiasi materiale tessile di umile fattura) contenente alcuni elementi magici, tra cui capelli, unghie o addirittura piccole ossa animali o… umane.
Chi li preparava? Manco a dirlo, gli officianti voodoo, ovviamente!

Got my mojo working descrive a pieno l’importanza che questo vessillo ultraterreno aveva nella comunità afroamericana. La cosa interessante, che forse molti ignorano (io per prima l’ho scoperto grazie al nostro enciclopedico Houserockin Chris), è che la storia della canzone è intricata tanto quanto l’oggetto di cui parla. Muddy Waters nel ’56 era in tour con la splendida Ann Cole, la quale aveva in scaletta questa cannonata – scritta da Preston Foster – e, al primo ascolto, se n’è innamorato perdutamente, decidendo di inciderla con la Chess Record, cambiando giusto qualche parola e rivendicandone la paternità. Beh, per farla breve, è andata a finire che Muddy e la Chess hanno – giustamente – perso una causa in tribunale e sono stati costretti a pagare i diritti di questo pezzo stratosferico… enjoy the original one, Marginalia’s friends!

Spesso erano le donne – esseri meravigliosamente associati al potere occulto – a praticare la nobile e temibile arte del voodoo.
Una in particolare, ne divenne la regina incontrastata: Marie Laveau.
Come spesso accade con le figure mitiche ammantate di mistero, le notizie circa la sua biografia sono venate di aspetti leggendari.
Crebbe a New Orleans nella prima metà dell’800 e, nonostante fosse stata battezzata come cattolica, la madre la iniziò alle pratiche voodoo sin da piccolissima. Cresciuta nei sobborghi afro-americani e creoli, Marie era una parrucchiera sui generis, i cui clienti erano molto più interessanti alle sue ataviche conoscenze magiche piuttosto che alle acconciature.

Nel 1819 giunse in città Jacob Parrish, un uomo bianco, arrogante, spietato e assetato di potere, che finì per sedurre la voodoo queen solo per giovare dei suoi presunti servigi magici; tuttavia non aveva calcolato che – proprio in virtù di questi – l’avrebbe pagata cara!
Voleva ottenere a tutti i costi l’immortalità, ma non sapeva che le pratiche voodoo hanno bisogno di qualche giorno per entrare in circolo nelle viscere dei coinvolti. Ripudiandola subito dopo il matrimonio, poiché supponeva di aver già avuto ciò che desiderava, cercò di intimidirla aiutato da una dozzina di compari. Il piano, ahi lui, non andò a buon fine: l’uomo venne ucciso assieme agli altri in una maniera degna solo di una bestia feroce, di un orso addirittura… o della regina del voodoo.
La demoniaca “coincidenza” sedimentò il suo carattere inquietante quando il cadavere di Parrish viene riesumato nel 1953… i custodi del cimitero riferirono, attoniti, di profondi graffi sul lato interno del coperchio della bara, segno che l’uomo si era davvero risvegliato come bramava, ma sotto tre metri di terra!

È incerto se la foto ritragga Marie Laveau o la sua omonima figlia

Amuleti apotropaici e maledizioni dal sapore millenario: il voodoo veicola il cuore di chi “ha paura, ma non ci crede”, in un mondo parallelo che esiste al di là della realtà tangibile… oltre il velo delle apparenze, agiscono forze empatiche in grado di condizionare la vita di chi le disturba. O di chi le accarezza, languidamente, ammiccando.

Papa Legba direbbe che i riti di passaggio rendono la nostra esistenza una continua sospensione tra la vita e la morte.
Ma si muore una volta sola… e si vive tutti i giorni. Non dimenticatelo.

Baci velenosi e sospesi,
Vanì Venom

Vanì Venom

Vanì Venom è l’alter-ego, a metà tra il letterario e il rocker, di Vanina Pizii, una giovane professoressa di Lettere appassionata di musica anni ’40 ’50 e ’60 e di tutto ciò che concerne il lifestyle legato al mondo vintage: dischi, foto, abiti, libri, arredi, auto e chi più ne ha più ne metta!