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I 3 colori primari: 3 motivi per amarli

Tempo di lettura: 4 min.

#Marginalia trentacinque

Ad ogni epoca, la sua palette.

I colori – nell’accezione più vasta del termine – caratterizzano le tonalità delle stoffe degli abiti, i complementi d’arredo, le automobili, il make-up… tutto ciò che fa da sfondo ad un’era, per intenderci, e la classifica rispetto alle altre.
Ma è davvero così tanto “sfondo” e così poco “protagonista”, il colore?

Edward HopperNighthawks (1942)

Negli anni Quaranta i colori prevalenti accarezzano le nuance tenui e pastello, giocate sui toni smorzati e poco incisivi. Complice, sicuramente, l’atmosfera storica per nulla goliardica di questo decennio, venata da un cupo senso d’oppressione e timore, irrorato nel quotidiano e nell’arte in maniera molto penetrante e malinconica.

Edward HopperSummer evening (1947)

Il Technicolor e l’effetto Pleasantville

I miliardi di miliardi di fotografie e video condivisi e commentati ogni giorno tramite le innumerevoli piattaforme social sono riconducibili al lavoro pionieristico di qualche illuminato appassionato di istantanee. Tra questi, indubbiamente, spicca il nome di George Eastman.

Trattasi di un imprenditore americano con un’autentica passione per la fotografia, accompagnata da un sincero odio nei confronti dell’ingombrante attrezzatura a cui questa era intimamente ancora legata alla fine dell’800.

Fondatore della Eastman Dry Plates Company, antenata della più nota Kodak, si è reso responsabile – grazie ai pazzeschi ingegneri susseguitisi al comando del suo impero – di una svolta epocale nel mondo delle immagini: l‘introduzione dei colori (trovate una breve spiegazione tecnica qui)

Il connubio tra la tecnica e la chimica, assieme alla collaborazione con la Technicolor Motion Picture Corporation – una costola della Technicolor Inc. fondata a Boston agli inizi del ‘900 – ha permesso uno switch epocale nel 1954: il cinema non è più in bianco e nero!

Fotogramma dal film Pleasantville (1998) diretto da Gary Gross

La fine di un’era e l’inizio di un nuovo capitolo, di un nuovo libro anzi. Le rappresentazioni su pellicola, in bianco e nero fino al ’53, diventavano per la prima volta tonalizzate, colorate, vive!

Ciò ha generato una sorta di effetto Pleasantville. Avete presente quel film in cui i protagonisti si trovano catapultati in una 50s sitcom dove il colore è bandito? La quotidianità della piccola cittadina americana – omonima del titolo – è pervasa unicamente dai toni del grigio, finché due giovani decidono di fare l’amore, controvertendo le regole bigotte vigenti, e il colore inizia a spandersi un po’ ovunque: sui vestiti, sulle case, sui muri.

Ecco, è successo esattamente questo nel 1954: la Kodak e la Technicolor hanno colorato non solo i prodotti del cinema, ma il mondo intero!

Negli anni ’50 il colore rosso è indubbiamente predominante… perché?

Rosso, giallo, blu

I toni primari, non ottenibili da nessuna mescolanza, sono i più vividi e i più comuni, nelle prime pellicole a colori. Sgargianti e non troppo complessi da realizzare – anche al tempo della colorazione manuale dei fotogrammi – tinte come il rosso, il giallo e il blu, fanno il loro ingresso trionfale anche negli spezzoni televisivi, dopo aver conquistato il cinema.

Si innesca in questo modo un curioso e strabiliante domino: dopo i “grigi” 40s è la volta dei “colorati” 50s.

L’assoluta ventata di novità introdotta dal technicolor, infatti, non passa di certo inosservata agli occhi di… di… di… tutti, in pratica. Designer ed architetti, make-up artist, pubblicitari, stilisti, chiunque rimane affascinato e strabiliato dalla potenza del colore, tanto da volerlo introdurre in qualsiasi prodotto.

Le automobili rosse, vogliamo parlarne?

Rossetti e smalti, auto, elettrodomestici ed insegne diventano rossi. Pubblicità, vestiti e carte da parati fanno spazio anche al blu e al giallo, forse meno vistosi ma ugualmente potenti.

Gli spot sul piccolo schermo, specie quelli dei marchi più in voga – uno per tutti, la Coca-Cola – hanno fatto il resto, consacrando i colori primari come indiscusso marchio di fabbrica di certi scenari vintage.

Gli anni Cinquanta, quindi, prendono letteralmente colore, imponendosi nell’immaginario comune in maniera sgargiante rispetto ai tempi che li hanno preceduti.
Ed è tutto merito del Technicolor, lo sapevate?

L’innovazione cromatica spiegata in un brano: una cravatta gialla e un pezzo fighissimo per celebrarla!

L’evoluzione cromatica che ha descritto l’identità estetica a partire dal 1955 è interessante per spiegare quanto lo sguardo e i gusti siano malleabili se affascinati dalla novità.

Il colore è vibrazione, come la musica; tutto è vibrazione.Marc Chagall

Per questo, da oggi, avete tre motivi per amare i tre colori primari:

  1. hanno segnato il passaggio di un’epoca e la rinascita dopo un martirio storico di dimensioni mondiali;
  2. hanno dipinto le labbra delle Signore, le cravatte dei Gentlemen e macchine fiammanti;
  3. hanno penetrato le note di brani bellissimi unendo due linguaggi artistici non troppo distanti – in fondo – l’uno dall’altro.
C’è tutto, in questa foto originale del 1961: il rosso, il giallo, il blu. E soprattutto una marea di bellezza. (Thanks to Ramona Walker from Mid-Century in Color – Amateur photographic slides and prints, 1935-1962)

Marc Chagall ha detto: Il colore è vibrazione, come la musica; tutto è vibrazione.
C’è qualcosa di poetico nel pensare che ogni frangente del tempo sia associato a dei colori o a dei suoni.

Di certo questo spiegherebbe perché alcune anime – come le nostre – si sentono più a casa nel passato che nel presente. Ovunque siate, con la mente e con le orecchie, cercate sempre le giuste vibrazioni e le giuste tonalità… il resto verrà da sé!

Baci velenosi e colorati,
Vanì Venom

Vanì Venom

Vanì Venom è l’alter-ego, a metà tra il letterario e il rocker, di Vanina Pizii, una giovane professoressa di Lettere appassionata di musica anni ’40 ’50 e ’60 e di tutto ciò che concerne il lifestyle legato al mondo vintage: dischi, foto, abiti, libri, arredi, auto e chi più ne ha più ne metta!